sabato 10 dicembre 2011

23 - FIRENZE

Perché Firenze?

Difficile dire.
Ma Paolina a un certo punto si trasferì nella città di Dante, e vi rimase.
Quando? Non sappiamo esattamente, ma la nascita di sua figlia Anna a Fucecchio nel 1920 già la colloca in zona nel dopoguerra, dopo aver recitato per gli ex combattenti in Piemonte nel 1919.
Perché a Firenze? Non ne abbiamo motivazioni, ma una debole ipotetica traccia ce la fornisce la biografia del regista e attore Cesare Zocchi Collani, che nel 1918 la diresse e recitò con lei ne "Le peripezie dell'emulo di Fortunello e compagni", ultimo film dell'anno più cinematografico di Paolina, girato prima della fine del conflitto mondiale. 
Zocchi Collani era nato a Firenze nel 1883, e vi morì nel 1923. Potrebbe aver in qualche modo influito sulla scelta della definitiva residenza di Paolina. Così come lo avrebbe potuto qualche altro collega fiorentino, per esempio Guido Tei, con lei in teatro e nel film "La capanna dello zio Tom", Ubaldo Pittei, sul palco con lei nella famosa "Fedra" del 1909, o addirittura la celebre Virginia Reiter, che a Firenze abitava e prese con sé Paolina per la sua breve ma strepitosa rentrée teatrale.
La scelta di una città come Firenze, viva ma abbastanza decentrata rispetto ai grandi centri teatrali-cinematografici italiani, può essere stata decisa da Paolina a causa della sua seconda gravidanza, non giustificata da un marito in carica. Il padre era un diciottenne, e a quei tempi un fatto simile suscitava sicuramente scandalo. Firenze forse le apparve come un luogo riparato e sicuro dove ricominciare da capo. Con due figli a carico poi era ora di porre fine alla sua vita nomade, e costruirsi un nido in cui avrebbe comunque avuto il ruolo della protagonista a lei congeniale e indispensabile.
Ma siamo a livello di pure ipotesi.
Speriamo solo che sia stata una sua decisione e che nessuno l'abbia costretta ad allontanarsi.
Fu prima lei a stabilirsi a Firenze, poi si fece raggiungere da madre e figlio.
Ne fa fede una letterina di Ruggero a un amico, la cui brutta copia (purtroppo senza data) resta 
in fondo a un quaderno occupato da varie trascrizioni di poesie di mano
della stessa Paolina.

La lettera:

Caro Giulio,
sono venuto a Firenze per raggiungere la mamma.
Vedessi che bella città è Firenze, è piena di monumenti storici,
che belle vie piene di gente, che graziosi giardini e che belle case.
Io vorrei aiutare la nonna a fare qualche cosa ma fo sempre disastri.
Fra un mese vado in collegio e conto di fare il buono più che posso
e quando sono grande giro il mondo.
Io non ti dimentico mai anche se siamo lontani.
E tu come stai? Ed i tuoi genitori?
E con questo ti bacio e ti saluto.
Il tuo  Ruggerino.


Ruggero collegiale ai Salesiani di Firenze

Sicuramente erano tutti lì prima del 1922,
l'anno della Marcia su Roma, al termine della quale Mussolini fu nominato Primo Ministro, dando inizio alla dittatura fascista.
Nello stesso anno Howard Carter scoprì la tomba di Tutankhamon,
mentre videro la luce Renata Tebaldi, Pier Paolo Pasolini e Vittorio Gassman.
Un articolo, l'ultimo uscito su Paolina, tenta di spiegarci perché in quel periodo lei si era fermata in una città, e non solo: aveva fermato, sia pur brevemente, anche la sua arte.

L'articolo è quello in cui si annuncia la sua morte.
Qui ne anticipiamo un brano per cercare di capire moventi e frangenti di quegli ultimi anni della sua vita.

Dal mensile IL RISVEGLIO. Firenze, gennaio 1926.

Dopo la guerra, stanca della vita eccessivamente movimentata che la teneva lontana dalla sua creatura e desiderosa di dedicarsi alle cure della famiglia, abbandonò, non certo senza dolore, quel teatro che, se le aveva procurato qualche volta delle amarezze, le aveva procacciato tante gioie.
Ma l'assenza non doveva essere lunga: da qualche anno, allo scopo di aiutare maggiormente la famiglia senza da questa allontanarsi troppo, ella aveva formata una sua Compagnia, composta di amici volenterosi da Lei stessa pazientemente istruiti.

Da queste parole si possono capire molte cose.
La vita le aveva messo tra i fiori del successo anche molta ortica,
come le era stato profetizzato in una poesia a lei ancora bambina dedicata
(si veda il capitolo n. 9 di questo Archivio).

Padrona assoluta dei palcoscenici, Paolina sentiva sfuggirsi di mano gli affetti più cari, tradita dalla sorte e forse anche dalle persone.
Si rifugiò a Firenze, facendosi raggiungere dalla madre e dal figlio, dopo aver brevemente abbandonato 
quel mondo che l'aveva proiettata fin sugli schermi cinematografici.
Ma non era riuscita a stare ferma a lungo.
Come poteva? La sua vita era sul palcoscenico.
E oltretutto aveva necessità di guadagnare.
Ricominciò a recitare.

Si legge sul
BULLETTINO SENESE DI STORIA PATRIA
(1981):

1922 - Gennaio-Febbraio: Compagnia dei grandi spettacoli popolari Botti-Chiostrini-Calamai con lo Stenterello Arrigo Chiostrini, Paola Pezzaglia, Vera Calamai, la Chiostrini, la Durelli e gli attori Botti, Fontani, Calamai, Durelli, Fustagni. Repertorio: All'ombra del patibolo, La presidentessa, Le due orfanelle, La mandragola di Machiavelli, Lui ovvero L'artiglio, "un atto terrorizzante del teatro francese" E' maschio o è femmina, Stenterello scambiato tra il prete e lo scaldaletto...


Della presenza di Paolina in questa Compagnia si ha una precedente traccia sul basilare testo

ANNALI DEL TEATRO ITALIANO
vol. 2
(1921),
che riporta questa critica:

La Compagnia Botti-Chiostrini-Calamai non si è tolta dal solito tono enfatico e ampolloso delle Compagnie popolari: quasi tutti gli attori sarebbero stati a posto in qualche Filodrammatica. Dalla mediocrità generale si tolse la sig.ra Paolina Pezzaglia, "Isotta", per qualche intonazione più semplice e sincera.

La feroce critica, che dal naufragio generale salva solo Paolina, si riferisce al dramma "Maramaldo", dato in prima assoluta al Teatro Alfieri di Firenze il 29 settembre 1921, e ci dà delle conferme: era un periodo duro, il meglio ormai alle spalle, e lei pur di lavorare per sé e per i suoi figli era scesa, così brava, ai livelli di una Compagnia popolare tornando ai drammoni stile Angiolone Pezzaglia e a farse vernacolari con la maschera fiorentina di Stenterello. Ma c'è da annotare la parte finale della lunga recensione del "Maramaldo", che dopo la sparata a zero su tutti gli interpreti del dramma 
(tranne Paolina) così termina:

Maramaldo di Scattolini ha ottenuto pieno successo: molti applausi ad ogni fine d'atto ed anche a scena aperta: tre chiamate al 1° atto, cinque al 2° con l'autore, e tre al 3°. Il lavoro fu replicato.

Ma allora tanto male non era andata. 
Il pubblico conta più dei critici con la puzza sotto il naso.




Paolina portava sempre con sé (tanto che è arrivato fino a noi) il magico contratto di Zacconi di dieci anni prima, e sicuramente nel cuore ancora tanta voglia di tornare quella che sapeva di essere. Cominciò a dimostrarlo creando una sua Compagnia a Firenze, con grandi onori locali, e probabilmente avrebbe di lì ripreso il volo, ma gliene mancò sfortunatamente il tempo.
A parte tutte le considerazioni precedenti, come si vede, sicuramente nel 1921/22 Paolina lavorava in Toscana.
A Siena e Firenze nei casi suddetti.

Si può dunque collocare, in base a tutto quanto sopra, la presenza di Paolina a Firenze dal 1919/1920 in poi.

Scorrono veloci gli ultimi suoi anni.

Su un biglietto elegantemente scrittole si legge quanto segue:

Plaudendo alla squisita arte rappresentativa
ed alle geniali interpretazioni drammatiche
dell'esimia artista

PAOLINA PEZZAGLIA

Un folto gruppo di ammiratrici Offrono in
ricordo del corso di recite dell'Estate 1925.

Firenze, 6 Settembre 1925.




Non sappiamo quale omaggio questo biglietto
 (scritto poco più di tre mesi prima della sua morte)
 accompagnasse, ma quel "corso di recite" estivo ci racconta quanto fosse attiva Paolina ancora nell'ultimo anno della sua vita.
Insomma, la sempre giovane artista si dava alquanto da fare.
Doveva.
Ma era come una perla capitata in un'ostrica famelica, che la tenne al caldo dei propri applausi finché il freddo profondo di un dicembre fiorentino,
di quelli cattivi,
non raggiunse i suoi poveri polmoni e li vinse.

Ma non precorriamo i tempi.
Nuovi grandi successi attendevano la nostra Paolina,
anche se ormai per poco.


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